Pubblicato il 25 feb 2015
di Elena Papadopoulou*
1. L’Eurogruppo del 20 febbraio ha
segnato la fine del primo (breve) ciclo di negoziati tra il nuovo
governo greco e i suoi partner europei.
2. Per giudicare che cosa il governo ha
vinto e quello che ha perso, così come quello che non ha vinto e quello che non
ha perso, dobbiamo tener conto di tre cose: le condizioni in cui la
trattativa si è svolta, gli obiettivi che ciascuna parte ha cercato di
raggiungere, le scelte alternative.
3. Quante parti stavano effettivamente
negoziando attorno al tavolo? La risposta è: numerose. Il risultato,
così come la fase intermedia del processo negoziale, includevano poste in gioco
importanti non solo per la Grecia e la Germania, ma per ognuno dei 17 paesi
della eurozona. Tuttavia, anche l’approccio che riduce la posta in gioco a
livello di “interessi nazionali” è fuorviante. In realtà, i ministri delle
finanze di tutti i governi eletti partecipanti stavano negoziando la politica (e
la potenza relativa) dei loro rispettivi governi, allo stesso modo in cui la
Commissione Europea stava negoziando la sua politica (e il suo relativo potere)
attraverso JC Junker, la BCE con M. Draghi, e il FMI con C. Lagarde.
4. L’estrema aggressività di Schauble è
indicativa della pressione a cui il governo tedesco doveva far fronte nel suo
sforzo per salvaguardare il primato della propria visione della crisi, così come
la continuazione delle politiche di austerità. È stata anche indicativa
del suo sforzo di mantenere attori importanti legati al suo progetto. Per questo
motivo, la posizione di Francia e Italia
era di particolare importanza. Le crepe che potevano essere aperte dal
governo greco – in questa fase – provenivano soprattutto da questo lato,
piuttosto che dal “fronte meridionale” (Spagna, Portogallo, Irlanda), che era
perfettamente in linea con l’iniziativa tedesca, in vista di una possibile
crescita della sinistra nei loro rispettivi paesi. In un certo senso, il gioco
che hanno scelto di giocare è ancora più pericoloso. La loro scelta di identificarsi con la
strategia tedesca è stata chiaramente contro gli interessi del loro
popolo. In altre parole, fintanto che la Grecia è in grado di garantire
anche piccole vittorie, la pressione su di loro crescerà.
5. Considerato tutto questo, ciò che la
Germania ha cercato di ottenere era che il governo di Syriza firmasse
esattamente le stesse cose che il precedente governo avrebbe firmato:
da un lato, l’accettazione di tutte le condizioni in attesa di completare la 5 °
revisione del Programma Greco di Aggiustamento (sottomissione economica) e,
dall’altro, l’accettazione della logica che l’unico modo per uscire dalla crisi
è quella indicata dalla Germania (sottomissione politica).
6. Questo non è accaduto per due
ragioni: la prima ragione è che SYRIZA non stava bluffando, cioè aveva
le sue linee rosse.Il governo era e resta impegnato a onorare il mandato che ha
ottenuto dalle elezioni e a rendere conto al popolo greco. La seconda ragione è
che le élite politiche ed economiche europee erano spaventate dalla dinamica di
uno scontro. In altre parole, è una cosa credere che una Grexit è gestibile
sulla bilancia della probabilità; è ben altra cosa essere sicuri di ciò.
L’esperienza di Lehman Brothers ha sicuramente insegnato alcune lezioni riguardo
a questa linea sottile.
7. In questo senso e in queste
circostanze, il secondo round di negoziati inizierà domani. E durerà
per tutto il tempo che è previsto nell’«accordo ponte» di Venerdì: quattro mesi.
Durante questo periodo trarremo conclusioni, non solo su questa trattativa
particolare – e su quelle che ne seguiranno – ma anche per le questioni
strategiche più grandi e più importanti nella storia della sinistra. Cerchiamo,
dunque, di essere attenti e pazienti. Non abbiamo ancora la distanza politica,
temporale o emotiva necessaria per dare giudizi definitivi.
8. I prossimi quattro mesi saranno una
battaglia con il tempo, ma soprattutto una battaglia con noi stessi. Un
conflitto costante sull’interpretazione dell’accordo (la tesi di Krugman nel suo
articolo “Delphic Demarche”) è prevedibile, e per questo motivo dobbiamo usare
tutta la flessibilità disponibile, tenendo presente che l’altra parte farà la
stessa cosa.
9. Sono pienamente d’accordo con il
parere espresso dal compagno E. Ioakeimoglou in un articolo pertinente:
“Il conflitto resta irrisolto e il tempo favorirà quello che meglio preparerà le
condizioni per la prossima grande trattativa”.
10. Questo è ciò che tutti noi (il
governo, il partito, i soggetti politici e sociali coinvolti nel nostro
progetto) dobbiamo garantire in questo periodo: che le condizioni in
cui la negoziazione successiva avrà luogo saranno favorevoli per noi. Questo
implica numerose cose. Prima di tutto, ciò implica che la possibilità di uno
scontro rimane forte e che le manovre tattiche non equivalgono a integrazione.
Ciò implica anche che i nostri impegni restano la nostra guida, e che la
definizione delle loro priorità sarà effettivamente una definizione delle
priorità e non un abbandono. Infine, ciò implica che i processi politici saranno
particolarmente importanti per garantire la discussione e la comprensione di
tutti questi problemi, ma anche in modo da servire come un meccanismo di
controllo. Se vogliamo guadagnare tempo per lavorare dalla nostra parte, abbiamo
bisogno di investire in vera, concertata e sostanziale cooperazione tra noi,
verso la risoluzione dei problemi reali a venire e con un orientamento rigoroso
verso gli interessi dei molti. Questo determinerà in larga misura se il governo
di SYRIZA può e deve continuare ad esistere dopo giugno.
* economista, Syriza
testo originale: http://www.analyzegreece.gr/topics/left-goverment/item/137-elena-papadopoulou-10-points-on-the-eurogroup-decision-of-the-20th-february-on-greecetraduzione di Maurizio Acerbo
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