La sinistra e il programma. Il tempo è scaduto
Pubblicato il 31 ott
2017
di Paolo Ciofi*
Il lettino
dello psichiatra, suggerito da Eugenio Scalfari, non basta per portare allo
scoperto le ferite inferte da Matteo Renzi alla sinistra e alla democrazia. Con
l’uomo di Rignano il Pd ha compiuto la sua parabola ed è diventato il partito
di un uomo solo al comando: un altro partito padronale schierato sfacciatamente
sul fronte del capitale, che usando l’etichetta del socialismo tenta di coprire
con la demagogia una politica di destra. Dannosa soprattutto per tutti coloro,
uomini e donne, i quali per vivere devono lavorare, ma anche per l’intero
Paese.
È una realtà
che la comunicazione dominante edulcora o nasconde. D’altra parte, scissa dal
sociale, la politica è stata pressoché privatizzata, con il risultato che il
mondo del lavoro e i ceti subalterni si sono ritrovati senza un partito che li
rappresentasse e li organizzasse. Rigettati nel recinto della prepolitica, oggi
vivono in uno stato di sofferenza, di precarietà e di paura, che opportunamente
eccitato finirà per favorire Berlusconi e le destre più estreme. Se non si
prende atto di questo stato delle cose, a sinistra non si farà alcun reale
passo avanti.
Dopo la
clamorosa sconfitta nel referendum costituzionale subita dal segretario del Pd,
dovrebbe essere chiaro che serve una svolta radicale di prospettiva e di
contenuti, facendo piazza pulita del tatticismo elettoralistico. Per costruire
la sinistra che non c’è sono necessarie almeno due condizioni. In primo luogo,
un progetto di nuova società, che alimenti la speranza di un effettivo
cambiamento. E al riguardo noi abbiamo con la Costituzione una bussola preziosa
che illumina il cammino, se si bandisce ogni forma di sottovalutazione diffusa
anche a sinistra. In secondo luogo, un programma concreto che su tale base
affronti le questioni più urgenti e drammatiche del nostro tempo, muovendo
dalla condizione di disagio e di sfruttamento in cui milioni di persone, donne
e uomini, giovani e anziani, sono costretti a vivere.
Proprio sul
programma credo sia necessario concentrarsi in questo momento, spostando
l’attenzione dall’inutile e stucchevole chiacchiericcio sui leader o presunti
tali, sui personalismi, tatticismi e politicismi, che sono il contrario della
politica intesa come impegno e lotta di massa per cambiare la società. Prima i
contenuti, poi gli schieramenti: questa dovrebbe essere la regola per dare vita
a una lista unitaria come primo passo per la costruzione di una sinistra nuova.
Prioritario
in proposito è il tema del lavoro, fattore imprescindibile per assicurare agli
esseri umani una vita dignitosa, sul quale la Costituzione del 1948 fonda
l’intero edificio della Repubblica democratica ridefinendo i principi di
libertà e uguaglianza. E ponendo il problema di un ordinamento sociale diverso
da quello dominato dal capitale, in cui l’economia sia posta al servizio degli
esseri umani e non viceversa. Se, come recita l’articolo 4, «la Repubblica
riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo tale diritto», affermando con ciò l’obiettivo della piena
occupazione, allora, di fronte al degrado dei lavoratori retrocessi allo stato
di pura merce e alle politiche di “flessibilità” condotte in Italia e promosse
dall’Europa, forte si deve alzare la protesta diffondendo la consapevolezza che
tutto ciò è anticostituzionale. Fuori dal patto che ci lega come italiani,
cittadini della Repubblica democratica.
Ma in pari
tempo è urgente definire un piano per il lavoro che metta in sicurezza il Paese
dal punto di vista umano e ambientale, da porre a fondamento del
programma su cui imbastire la lista unitaria della sinistra.
Non si può rinunciare all’obiettivo della piena occupazione, né a
un’occupazione stabile e sicura con una«retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro» di pari entità tra uomini e donne, e comunque
sufficiente ad assicurare un’esistenza «libera e dignitosa», secondo il
principio che «la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni» (artt. 35, 36, 37). Un obiettivo che va posto con chiarezza su un
duplice versante.
Da un lato,
di fronte alle drammatiche emergenze con le quali siamo costretti a misurarci
ogni giorno, finalizzando l’occupazione a un piano rivolto alla tutela del
territorio, al riassetto idrogeologico della penisola, al rinnovamento e alla
manutenzione degli edifici scolastici e di tutte le infrastrutture
indispensabili al buon vivere della società, puntando sul risparmio energetico e
sulla riduzione delle emissioni inquinanti. Dall’altro, promuovendo decisamente
la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, ciò che comporta una
riduzione progressiva dei tempi di lavoro per tutti e per tutte, e una
qualificazione culturale sempre più elevata degli addetti al ciclo della
produzione materiale e immateriale. Quindi, la disponibilità per tutti e per
tutte dei saperi, nonché dei mezzi di produzione e di comunicazione, come la
Costituzione prevede (artt. 42 e 43).
All’obiezione
secondo cui, di fronte alla dimensione europea e ai problemi dell’Europa, la
Costituzione non incide e non ha rilievo, faccio notare che oggi in tutto il
Vecchio Continente come in Italia una domanda non si può più evitare: da che
parte stai? Se vuoi stare dalla parte del lavoro e non del capitale, allora la
nostra Carta fondamentale è un punto di riferimento ineludibile. E noi italiani
dovremmo impugnarla come una tavola di valori da portare in Europa per aprire
le porte a una civiltà più avanzata.
Non solo
perché è sempre più urgente costruire l’unità dei lavoratori di tutto il
continente intorno a obiettivi comuni, come un salario unico europeo e uno
standard europeo di welfare. Pena un’ulteriore disgregazione e la
moltiplicazione delle guerre tra poveri dagli esiti imprevedibili. Ma anche
perché la presenza in Costituzione di principi universali come la pace,
l’uguaglianza sostanziale, i diritti sociali va nella direzione di un’altra
Europa: non l’Europa delle oligarchie finanziarie, bensì quella dei popoli e dei
lavoratori.
*
associazione Futura Umanità
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