venerdì 2 marzo 2012

"Ciao Lucio"

«Noi attingiamo alla tradizione, ma non la rispettiamo. Una tradizione è valida solo in quanto si evolve, altrimenti interessa i musei… il nazionalismo musicale è un nonsenso, sia dal punto di vista storicistico che dello stile…».
Così nel 1965 recitava il "Manifesto per la nuova musica" firmato da un gruppo di artisti che comprendeva anche Lucio Dalla.
Sottoscritto anche da autori affermati come Sergio Bardotti e Piero Vivarelli quel documento segna una nuova fase nella storia della musica pop italiana. Sono anni vivaci, di grandi sperimentazioni e contaminazioni, di fermenti nuovi nella società oltre che nella musica. Un'epoca nella quale Lucio Dalla si immerge fino in fondo vivendola da protagonista senza limiti di genere né di ambiente e neppure di città. Dopo aver girovagato tra varie band come la Reno Jazz Gang di Bologna, la Roman New Orleans Jazz Band nel 1963 entra a far parte dei Flippers, un quintetto composto, oltre che da lui, dai fratelli Catalano, Fabrizio Zampa e Franco Bracardi, con i quali partecipa alla registrazione de I Watussi di Edoardo Vianello. Nel 1964 pubblica, grazie al suo amico Gino Paoli, il suo primo singolo Lei (non è per me), una versione di Careless love di Ray Charles, cui segue, l'anno dopo, Io al mondo ho solo te, versione di un brano degli Spencer Davis Group. Nel 1966 canta Paff... bum al Festival di Sanremo in coppia con gli Yardbirds e fa da spalla a Jimi Hendrix in un mitico concerto snobbato dal pubblico al Piper di Milano. L'anno dopo vince il Premio della Critica al Festival delle Rose con Il cielo, dopo aver rischiato di non poter entrare nell'Hotel Hilton, dove si tiene la manifestazione, perché i portieri lo scambiano per un vagabondo. Poi arriva il grande successo, ma l'indole del vagabondo non cambia. Lucio è questo. Un uomo, un musicista che non ha paura di mettersi in discussione e che non conosce confini alla voglia di sperimentare. Oggi che non c'è più i media ne celebrano i grandi successi. Chi lo ha amato davvero preferisce ricordare le sue prime incursioni rumorose nella cosiddetta "musica leggera" che sembrava immutabile come il centrismo della DC del dopoguerra. Lì c'è il segno del Dalla successivo, la spiegazione del suo tentativo di armonizzare l'universo trasferendolo nei tempi ristretti di una canzone, l'idea che in musica l'ignoranza sia il nemico da combattere e la contaminazione il segreto dell'immortalità. Riposa in pace Lucio

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