Pubblicato il 23 feb
2016
di Monica Di Sisto* - http://www.ilfattoquotidiano.it -
Avvio picaresco per il nuovo ciclo di negoziati del Trattato transatlantico di
liberalizzazione degli scambi e degli investimenti, il famigerato Ttip, che
doveva partire ieri a Bruxelles. Gli azzimati negoziatori del governo Usa e
della Commissione Ue non si aspettavano di trovarsi davanti i battaglieri
incursori di Greenpeace che, a colpi di pupazzi gonfiabili e finti diplomatici mascherati,
hanno di fatto impedito loro per molte ore l’ingresso al Centro congressi dove
si erano dati appuntamento per dare una scossa decisiva alle trattative che
rischiano di finire fuori tempo massimo.
Usa e Ue, infatti, hanno solo
questa settimana, un prossimo appuntamento negli Usa presumibilmente
ad aprile e un rush finale di nuovo a Bruxelles tra giugno e luglio, per
definire i dettagli del negoziato commerciale più ambizioso di tutti i tempi.
In estate, infatti, gli Usa entreranno nella fase finale della campagna
elettorale sul dopo-Obama e si dovrebbe, dunque, affidare la conclusione
del negoziato al nuovo esecutivo che potrebbe anche archiviarlo,
rischio che né la Commissione europea né l’attuale ministero del Commercio
degli Usa vuole correre.
Eppure le due sponde dell’Atlantico
sono ancora molto lontane fin dalle fondamenta del negoziato: non tutti i dazi
e le tariffe da abbattere per facilitare il commercio Usa-Ue sono stati
concordati, la proposta di revisione dell’arbitrato commerciale presentata
dall’Europa vede gli Usa freddini, la richiesta Ue di liberalizzazione degli
appalti Usa, strategica per l’Europa, non arriverà prima di fine mese, non c’è
alcuna chiarezza sulla protezione della sicurezza alimentare europea, né su
quella delle preziose indicazioni geografiche, tantomeno sull’inserimento nel
trattato di un capitolo sulla facilitazione del commercio dei
combustibili e dei servizi dell’energia, che sembrava essere quasi
l’unico motivo per cui anche a casa nostra si spasimava per l’approvazione del
trattato.
La soluzione che sembra tornare
d’attualità era quella suggerita dall’Italia nel 2014, quando siamo stati
presidenti di turno dell’Unione: l’approvazione di una sorta di accordo-quadro,
che mettesse in piedi tutti i meccanismi strutturali del Ttip – l’arbitrato per
permettere alle imprese di contestare le regole che le danneggiassero,
l’organismo per livellare le regole e gli standard, l’organismo di Governo del
trattato, in primo luogo – e poi affidasse ai soli tecnici della Commissione e
del Governo Usa la definizione dei dettagli numerici e qualitativi del
trattato.
Questa, fin da allora, ci era
sembrata l’ipotesi peggiore perché il Ttip verrebbe approvato a scatola chiusa
dal Parlamento europeo e sfuggirebbe così, nella sostanza, da qualsiasi
controllo politico e democratico, oltre che dalla portata di qualunque
organizzazione, sindacato, o associazione della società civile che volessero
valutare autonomamente l’impatto del trattato e chiederne, eventualmente, la
modifica.
Tutti gli aggiornamenti su queste iniziative su stop-ttip-italia.
*Fairwatch, tra i portavoce
della Campagna Stop TTIP Italia
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