Pubblicato il 26 feb 2016
di Roberta
Fantozzi
Abbiamo
partecipato come Rifondazione Comunista alla tre giorni di Madrid, Plan B,
contro l’austerità, per un’Europa democratica.
Un appuntamento che ha visto
la presenza di realtà diverse e plurali, da Attac a Blockupy al nuovo movimento
lanciato da Yannis Varoufakis DiEM2025 per un “fronte democratico paneuropeo”,
esponenti del Partito della Sinistra Europea e del GUE, in un contesto
positivamente segnato dalla realtà spagnola, con i movimenti che l’hanno
attraversata, con la conquista delle municipalità più importanti realizzatasi
nell’intreccio efficace di soggettività sociali e politiche. La tre giorni si è
conclusa con il lancio della data del 25 maggio, anniversario della Comune di
Parigi come data di costruzione di iniziative in tutta Europa.
Il pluralismo ha segnato fortemente alcuni dibattiti,
in un momento in cui interrogarsi e discutere è tanto naturale quanto
indispensabile. I documenti finali peraltro esplicitano la complessità della
situazione, la necessità de “l’apertura di processi costituenti, tanto a livello
nazionale quanto europeo” la cui “portata e modalità potranno essere
differenti”, la necessità di fare i conti con “realtà diverse e con diversi
margini di manovra”, e di elaborare “diversi piani B per costruire un percorso,
una transizione verso un nuovo quadro politico e istituzionale”.
Agire nei singoli
paesi e a livello europeo insieme, dunque, con la consapevolezza che si tratta
di costruire un processo, una vera e propria transizione.
Percorsi diversi ma tutti tenuti insieme dall’idea che
vadano rimesse esplicitamente in discussione le attuali istituzioni e politiche
della Ue, la loro intollerabilità sociale come il sequestro permanente della
sovranità popolare. Quella Ue che mentre negozia i nuovi micidiali trattati di
commercio TTIP-TISA-CETA, alza muri e barriere ai profughi e migranti prodotti
dalla proprie politiche commerciali e internazionali.
Al centro
dell’iniziativa la rimessa in discussione della “debitocrazia”: il
contrasto alla naturalizzazione del debito dominante nel discorso pubblico, la
necessità di ricostruirne la storia e le responsabilità con processi di audit
dalle città agli stati, l’obiettivo della ristrutturazione anche attraverso
proposte assai concrete avanzate durante la discussione.
Altrettanto
centrale l’idea della “disobbedienza” alle politiche, ai trattati,
all’élites economiche e finanziarie che governano l’Unione Europea. Una
disobbedienza che va praticata tanto da parte dei movimenti, con le lotte e con
le pratiche, quanto da parte di quei governi che siano espressione delle forze
antiliberiste di sinistra. E se si esplicita che “non ci adatteremo ad altri
sacrifici per l’euro”, l’obiettivo è quello di “costruire una nuova Europa, e
oltre, che estenda un nuovo modello solidale, democratico e alternativo a tutti
i popoli che vogliano abbracciarlo”. Un modello in cui sono centrali i diritti
sociali e del lavoro, la riconversione ecologica, il femminismo come capacità di
porre la riproduzione della vita, la “vulnerabilità” dell’umano al centro di
ogni proposta di alternativa.
La tre giorni di Madrid è una delle risposte alla
necessità di costruire un campo di forze, obiettivi unificanti ed un’agenda di
mobilitazioni all’altezza della situazione in cui ci troviamo. E’ la stessa
domanda che si pone il Partito della Sinistra Europea sin dalla sua nascita, e a
maggior ragione dopo che la vicenda greca ha reso evidente che senza
mobilitazioni nei diversi paesi e su scala europea, le singole resistenze non
bastano per modificare l’impianto neoliberista e distruttivo dei Trattati.
Lavorare per intrecciare le diverse iniziative, costruire convergenze tra le
forze antiliberiste, produrre un movimento che abbia la massa critica necessaria
per il cambiamento radicale, è il nostro impegno.
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