“Le donne non dovevano
imparare né a leggere né a scrivere, se non per diventar monache, perché dal
leggere e dallo scrivere delle donne molti mali sono venuti”
Filippo
da Novara [1200 sec.]
ILARIA ALPI
di
Rosella Blumetti e Angela Portosi
Mi
chiamo Ilaria Alpi e sono nata a Roma il 24 maggio 1961.
Sono
una giornalista. Anzi, lo ero. Sono stata assassinata il 20 marzo 1994.
Uccisa
da un proiettile a Mogadiscio, in Somalia. Avevo solo 33 anni.
Amavo
fare la giornalista, come già altre donne lo avevano fatto prima di me.
Ma
io ho un triste primato, sono stata assassinata, e ancora in attesa di
giustizia.
Pensavo
ad Oriana Fallaci. Lei seguiva guerre e conflitti, si metteva l’elmetto e
saliva sugli
elicotteri.
C’era solo lei e per questo, da ragazzine, era il nostro mito.
Sognavo
di fare la giornalista. Volevo fare reportage che illustrassero la verità,
spiegare e far capire altri mondi, altre culture. Era una missione che facevo
con studio, impegno, passione.
Ero
una tipa acqua e sapone, portavo scarpe basse, vestiti comodi, le tasche piene
di taccuini.
E
con le tasche piene di taccuini giunsi in Somalia per la prima volta nel
dicembre 1992, come inviata del TG3, per seguire la missione di pace Restore
Hope, coordinata dalle Nazioni Unite.
Avevo
già fatto diverse inchieste, ma adesso avevo in mano “cose molto grosse” !
Avevo
scoperto un traffico internazionale di armi e tangenti in cambio dello
smaltimento di rifiuti tossici, prodotti da noi, Paesi industrializzati, e …
civili ! Traffico in cui sembrava essere coinvolta la Cooperazione
Internazionale, con la complicità dei servizi segreti italiani.
A
novembre era stato ucciso, sempre in Somalia ed in circostanze misteriose, un
sottufficiale del SISMI, mio informatore. Preoccupata, indagavo insieme a Miran Hrovatin che mi seguiva
ovunque, con la sua inseparabile telecamera.
Volevamo
far sapere al mondo intero cosa avevamo scoperto.
Ma
ci fermarono quel maledetto 20 marzo 1994.
Poco
prima che ci ammazzassero, avevo chiamato i miei genitori per avvisarli che
saremmo andatiin onda la sera alle 19 con il nostro servizio. Nessuno poté
vederlo. Ci uccisero, per zittirci.
Qualche
giorno prima, avevamo intervistato il sultano Mussa Bagor, tre ore di
intervista, sette
cassette
registrate, taccuini zeppi… tutto sparito !
Al
ritorno percorremmo la strada Garoe-Bosaso, una lunga autostrada nel deserto,
utile forse solo ai cammelli, ma sotto alla quale FORSE sono stati nascosti i
container pieni zeppi dei NOSTRI rifiuti tossici italiani, in cambio di armi
per la sanguinosa guerra civile !
Perdemmo
l’aereo. Ci concedemmo quindi una pausa al mare, a fare un bagno.
Miran
tirò fuori la telecamera: “dai, così per una volta posso riprendere qualcosa di
bello. Son stufo di riprendere sempre solo guerra, armi, veleno...” .
Arrivati
a Mogadiscio, lasciammo il nostro hotel per andare ad un incontro, ma non
arrivammo mai.
Ci
tesero un agguato: un commando di sette persone ci aspettò per due ore. Ci
spararono, ma sul posto non arrivarono i soccorsi, arrivò solo un faccendiere
italiano, lo stesso che qualche sera prima mi suggerì di chiudermi in albergo
perché avevano sentito dire che volevano farmi fuori...
Nessun
soccorso, ed ero ancora viva. Morii poco dopo in ospedale. Non mi fecero
l’autopsia, no, no non me la fecero mica! Un lungo elenco di inadempienze,
coincidenze singolari, reticenze, bugie, omissioni, balletti di perizie, morti
misteriose e – toh ! – la sparizione del mio lavoro di giornalista.
Dissero
che si era trattato di un maldestro tentativo di rapimento o rapina … Anni
dopo, per l’unico condannato, la sentenza del tribunale invece dichiarò
“esecuzione premeditata e organizzata” ! I depistaggi iniziarono subito,
sminuendo e falsando il nostro lavoro. Dissero perfino che eravamo lì in
vacanza, a fare i bagni al mare!
Altro
che vacanza, stavamo lavorando! E avevamo in mano “cose molto grosse”.
Anni
dopo si scoprì che condannarono persino un innocente, verso il quale un falso
testimone aveva puntato il dito. Si scoprì in seguito che lo aveva fatto per
soldi e per ottenere un passaporto.
Dopo
10 anni dall'agguato assassino, venne fatta una Commissione parlamentare. Ma
grande fu l'amarezza. Alla fine risultò non essere la sede dove si accertano le
verità storiche, ma dove le si affossano! 10 anni senza verità! 20 anni senza
verità! Ancora senza verità.
Mi
hanno definita “una donna colta e coraggiosa, giornalista impegnata, piena di
curiosità e energia, piena d’amore per il suo lavoro… e dotata, forse, anche di
una buona dose di incoscienza”.
INCOSCIENZA
???
Io
stavo lavorando secondo coscienza, in ASSOLUTA coscienza. Stavo solo facendo il
mio lavoro di giornalista. Stavo seguendo una storia e volevo solo dire la
verità.
Ma
la verità non è ancora venuta a galla, i mandanti che ordinarono il mio
omicidio non sono stati ancora trovati. Giustizia non è stata ancora fatta.
I
miei genitori sono ormai distrutti da anni di dolore e di lotte per la verità.
Mia madre non ha mai smesso di battersi come una leonessa perché si continuasse
a investigare, perché le indagini facciano finalmente trionfare la verità. Non
si è arresa mai, nonostante fosse stata perfino indagata ingiustamente per
diffamazione e poi infatti assolta dal tribunale. E mio padre, sempre al suo
fianco.
Io
ho sempre avuto rispetto per le Istituzioni, anche quando ci hanno
profondamente deluso.
Ma
aspetto… aspetto e spero che presto la verità venga alla luce e liberi la morte
di Miran e mia dalle falsità e dalle omissioni, che l'han resa vana e inutile.
Giustizia venga fatta!
Nel
2014, una donna, la presidente della Camera Laura Boldrini, ha chiesto
formalmente al governo che vengano “declassificati” gli atti dei servizi
segreti riguardanti il mio caso. Noi, aspettiamo.
Scrivete, amiche, scrivete, e non smettete mai di ricercare e
raccontare la verità!
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Questa storia è stata liberamente ispirata dal libro “Ilaria
Alpi. Il prezzo della verità” di Marco Rizzo e Francesco
Ripoli, Ed. Becco Giallo, 2015. Libro che fa parte della mostra
1,10,100 agende rosse … quale democrazia? -
organizzata dal Gruppo Agende Rosse Peppino Impastato di Milano
e dintorni.
Appositamente scritta a quattro mani da Rosella Blumetti e
Angela Portosi, in occasione della festa di compleanno
dell'associazione VentunesimoDonna Corsico, tenutasi il 17 marzo
2017 al BemViver di Corsico, e letto per la prima
volta da Rosella Blumetti, durante il reading realizzato dalle
socie di VentunesimoDonna Corsico, per tener viva la
memoria e far conoscere alcune donne speciali - prendendo
liberamente spunto dal libro “Le Mille. I primati delle
donne” a cura di Ester Rizzo, Associazione Toponomastica
Femminile, Navarra editore, 2016.
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