La festa dei lavoratori 2012 arriva nell’Italia
senza lavoro. A quasi sei mesi dalla nomina del governo Monti (16 novembre
2011), dopo le varie manovre anticrisi, le nuove tasse, la riforma delle
pensioni e con il ddl lavoro all’esame in Parlamento, il Primo Maggio si celebra
in piena recessione: nel paese la disoccupazione è pari al 9,3%, tasso più
alto dal 2004, le persone senza lavoro sono 2,3
milioni.
La disoccupazione giovanile fa record: non trova lavoro il 31,9% dei
ragazzi tra 15 e 24 anni. Non va meglio per le donne, dato che in un mese sono
spariti 44mila posti di lavoro femminili e metà delle donne al Sud (49,2%) è
senza occupazione.
Questi i dati diffusi dall’Istat, in riferimento
al mese di febbraio. Ma la situazione è ancora più grave: l’esecutivo ha appena
comunicato - nel Def, documento di economia e finanza - che nel 2012 non ci sarà
crescita, anzi il Pil scenderà dell’1,2% per riprendersi solo nel 2013 (+0,5%).
I sindacati hanno già previsto che la disoccupazione a fine anno può arrivare al
10%.
Poi c’è il problema degli inattivi, le persone
che non cercano un impiego ma si dichiarano disponibili a lavorare. Nel 2011
sono 2,9 milioni, in aumento del 4,8% rispetto all’anno precedente (sempre dati
Istat). La metà di questi sono scoraggiati: 1,2 milioni di persone dichiara di
essersi arreso perché reputa impossibile trovare lavoro. In tutto (disoccupati e
inattivi), le persone fuori dal circuito produttivo sono 5 milioni.
Per i lavoratori c’è poco da festeggiare. Senza
contare che, di fronte alle difficoltà crescenti, la tragedia è sempre dietro
l’angolo: 362 disoccupati si sono tolti la vita nel 2011, con la media di un
suicidio al giorno. L’Eures ha diffuso il rapporto intitolato “Il suicidio in
Italia al tempo della crisi”: nel triennio precedente alla recessione
(2006-2008) i casi erano stati circa 270 quindi, secondo la ricerca, è evidente
la correlazione tra rischio e integrazione nel tessuto sociale. Al di là delle
cifre, basta leggere i giornali per trovare casi drammatici: come l’imprenditore
suicida a Roma per il fallimento della sua azienda di alluminio o l’anziana
che si è uccisa a Gela dopo il taglio di 200 euro della pensione.
L’altro buco nero sono i giovani precari. Negli
ultimi mesi le loro proteste hanno riguardato tutta Italia e ogni settore
produttivo: dal blitz dei precari Istat durante la presentazione del censimento
agli scioperi su base locale (ultimi a Roma, Genova, Benevento) che hanno
coinvolto la penisola. Nella riforma del lavoro si calcola che il
90% dei precari sia senza indennità: Fornero ha istituito l’una tantum per i
collaboratori che perdono l’impiego, ma i requisiti sono troppo stretti e
coprono appena il 10% della platea.
Nonostante le richieste della Cgil, le 46
tipologie di contratti atipici sono rimaste intatte. Per i precari il sindacato
ha proclamato una mobilitazione nazionale giovedì 10 maggio. Nella riforma del
lavoro non c’è niente per loro, ha detto il segretario generale Susanna Camusso,
per questo “bisogna sostenere una politica di contrasto alla precarietà e le
richieste di modifica al provvedimento. Ai giovani di questo paese vanno date
risposte effettive”.
Infine, impossibile dimenticare il nodo degli
esodati: le persone che si trovano senza lavoro né pensione dopo la riforma. Per
i sindacati sono oltre 300mila, che avevano concordato l’uscita per la crisi
della loro azienda ma hanno visto cambiare le regole in corsa, con l’aumento
dell’età pensionabile. Un
vero e proprio “limbo dei senza reddito”, come abbiamo raccontato dalla
manifestazione nazionale del 13 aprile a Roma. Il governo riconosce solo 65mila
di loro e sostiene che non servono risorse aggiuntive. Il ministro Fornero ha
convocato i sindacati il 9 maggio per cercare di trovare una soluzione. Ma le
posizioni - come detto - sono molto distanti, situazione complessa: sarà una
festa amara anche per loro.
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