Cara Maria,
mi è dispiaciuta la tua risposta alla richiesta di
referendum sulle questioni del nuovo municipio. Tu chiedi e, in sostanza, sfidi chi ha firmato la petizione a
proporre soluzioni alternative rispetto alla decisione assunta dalla giunta. Mi
pare contraddittorio chiedere risoluzioni di problemi che non sono stati
enunciati nella loro complessità alla cittadinanza prima di ipotizzare una
soluzione.
Penso che sia possibile trovare soluzioni condivise solo attraverso
una reale partecipazione democratica, partecipazione che tu e la tua giunta non
avete perseguito come obiettivo pur essendo essa un punto cardine del programma
elettorale che ha portato alla tua elezione come sindaca della città.
A meno che tu, le assessore e gli assessori non intendiate
i termini informazione ( peraltro su decisioni già assunte) e partecipazione
come sinonimi. Ma mi disturba e mi avvilisce pensare che la sindaca che ho
contribuito ad eleggere e la giunta da lei designata possano cadere in una
simile confusione linguistico – politica.
Tendo perciò a rifiutare, per il momento, una simile
ipotesi e credo che il desiderio di fare, di
rispondere alle esigenze della popolazione abbia portato te e la giunta
a pensare di poter risolvere da soli tutte le questioni. Non è possibile.
L’onniscienza non è di questo mondo; per me, peraltro, nemmeno di un ipotetico
altro mondo. Il senso del limite è necessario.
Può anche essere, cosa che io, come sai, non credo ( sono,
infatti, una delle millecinquecento tra cittadine e cittadini che hanno firmato
la petizione), che la soluzione da voi
ipotizzata sia l’unica possibile e, in quanto tale, “giusta” rispetto alla
situazione. Ho però in mente con
chiarezza un intervento di Luciano Lama a una festa dell’Unità diversi anni fa.
Il tema affrontato, di fronte alle centinaia di persone che allora affollavano
piazza del Cannone, era quello della democrazia sindacale. Il compagno Lama sosteneva che è necessario
organizzare assemblee nei luoghi di lavoro, favorire la presenza e l’intervento
del maggior numero possibile di
lavoratrici e lavoratori, discutere per pervenire a soluzioni condivise. Aggiunse, il compagno Lama, una frase che ha
segnato ( penso e spero) il mio agire nel sindacato, nella scuola, nella
politica quotidiana: “E’ meglio fare una cosa sbagliata decisa in mille piuttosto una cosa giusta decisa in
tre”.
Ripeto, io non credo che la posizione tua e della giunta
sia l’unica possibile ma, ammesso che lo sia, si tratta di una decisione
assunta “in tre” e perciò, di per sé stessa, comunque, politicamente scorretta
dal punto di vista della democrazia. Almeno nel senso che io attribuisco a
questa parola:io penso alla democrazia partecipata come necessaria evoluzione
democratica della democrazia di rappresentanza, pena la grave limitazione della
democrazia stessa.
Credo che la sfida che tu hai lanciato possa essere
raccolta. Il tempo ancora c’è e tempi e modi della politica nazionale
sembrano evolvere verso un futuro affrontato con maggiore serietà (speriamo!). Fai, fate una pausa. Dite: “Alt! Fermiamoci,
riflettiamo. Proviamo a proporre a cittadine e cittadini di questa Corsico che
abbiamo pensato e continuiamo a pensare come una casa, solidale ed accogliente,
non le soluzioni precostituite ma i problemi come ci si presentano e invitiamo
a proporre soluzioni”.
Le firme consegnate sono millecinquecento. Sono molte. Sai anche tu che raccogliere firme non è
semplice. Ancor meno lo è se, insieme alla firma, si chiede un documento di
identità. Qualche tempo fa ho letto su
un quotidiano che, dietro ad una persona che appone la sua firma, si può
calcolare che ci siano altre ottanta persone che la pensano nello stesso
modo. Millecinquecento firme sono, di
per sé, tante ma, se moltiplicato per ottanta ( ma fosse anche solo per otto)
il numero dovrebbe costituire un elemento di riflessione per te e per la
giunta.
Dì: “A rimortis” Maria, per piacere. Dillo per te, per un’idea di democrazia
partecipata, per una sinistra che sappia coniugare buona amministrazione e
ricerca di mediazione politica, legalità e giustizia; per una città i cui
cittadini e cittadine meritano attenzione e rispetto; per quelle e quelli che,
come me, hanno votato te e la coalizione che ti ha sostenuta e ti sostiene
confidando in te, in voi ( il che non vuol dire delegandovi tutto).
“La diversità è una ricchezza” è, per me, una convinzione
profonda. Mi sembra assurdo che, come spesso accade nei luoghi della politica
seconda, il pensiero differente produca inimicizia. Nei luoghi della politica “prima”
relazionarsi, confrontarsi, mediare significa produrre soluzioni condivise
mantenendo all’interno e all’esterno un clima di fiducia che si basa sulla
stima e, spesso, anche sull’affetto.
Dì: “A rimortis” Maria, per piacere. Esponi a chi desidera
costituire quella cittadinanza attiva, che è il sale della democrazia, problema per problema e ascolta le ipotesi di
soluzioni. Magari alla fine scopriremo
che la soluzione che avete ipotizzato è la migliore ma, quantomeno, non
l’avrete deciso da sole e da soli. La solitudine è dura da sopportare; per una
donna di sinistra è anche politicamente sbagliata.
Con l’affetto di sempre.
Antonella
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