22 gennaio
2015 alle ore 10.15
Allo stato
attuale la produzione agricola mondiale potrebbe facilmente sfamare 12 miliardi
di persone……. si potrebbe quindi affermare che ogni bambino che muore per
denutrizione oggi è di fatto ucciso”
JeanZiegler,
già Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto al
cibo
Alle
Autorità
ep.c. agli
esperti invitati all’incontro istituzionale di
Milano.
Signor presidente del
Consiglio,
i giornali ci informano che lei
sarà a Milano il
7 febbraio per lanciare un Protocollo mondiale sul Cibo, in
occasione dell’avvicinarsi di Expo. Ci risulta che la regia di tale protocollo,
al quale lei ha già aderito, sia stata affidata alla Fondazione Barilla Center
for Food & Nutrition. Una multinazionale molto ben inserita nei mercati e
nella finanza globale, ma che nulla ha da spartire con le politiche di sovranità
alimentare essenziali per poter sfamare con cibo sano tutto il
pianeta.
EXPO ha siglato una partnership
con Nestlè attraverso la sua controllata S.Pellegrino per diffondere 150 milioni
di bottiglie di acqua con la
sigla EXPO in tutto il mondo. Il Presidente di Nestlé Worldwide
già da qualche anno sostiene l’istituzione di una borsa per l’acqua così come
avviene per il petrolio. L’acqua, senza la quale non potrebbe esserci vita nel
nostro pianeta, dovrebbe quindi essere trasformata in una merce sui mercati
internazionali adisposizione solo di chi ha le risorse per
acquistarla.
Questi sono solo due esempi di
quanto sta avvenendo in preparazione dell’EXPO.
Scriveva Vandana Shiva: “Expo avrà
un senso solo se parteciperà chi s'impegna per la democrazia del cibo, per la
tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e
delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola. Solo allora Expo avrà
un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio
ancora, occasione per vicende di corruzione e di cementificazione del
territorio.”
“Nutrire il Pianeta, Energia per
la vita.” recita il logo di Expo. Ma Expo è diventata una delle tante vetrine
per nutrire le multinazionali, non certo il
pianeta.
Come si può pensare infatti di
garantire cibo e acqua a sette miliardi di persone affidandosi a coloro che del
cibo e dell’acqua hanno fatto la ragione del loro profitto senza prestare la
minima attenzione ai bisogni primari di milioni di persone
?
Expo si presenta come la
passerella delle multinazionali agroalimentari, proprio quelle che detengono il
controllo dell'alimentazione di tutto il mondo, che producono quel cibo
globalizzato o spazzatura, che determina contemporaneamente un miliardo di
affamati e un miliardo di obesi.
Due facce dello stesso problema
che abitano questo nostro tempo: la povertà, in aumento non solo nel Sud del
mondo ma anche nelle nostre periferie sempre più
degradate.
Expo non parla di tutto ciò. Non
parla di diritto all'acqua potabile e di acqua per l'agricoltura familiare. Non
parla di diritto alla terra e all'autodeterminazione a
coltivarla.
Non si rivolge e non coinvolge i
poveri delle megalopoli di tutto il mondo, non si interroga su cosa
mangiano, non parla ai contadini privati della terra e dell'acqua, scacciati
attraverso il Land e Water grabbing, ( la cessione di grandi estensioni di
terreno e di risorse idriche a un paese straniero o ad una multinazionale),
espulsi dalle grandi dighe, dallo sviluppo dell'industria estrattiva ed
energetica, dalla perdita di sovranità sui semi per via degli OGM e costretti
quindi a diventare profughi emigranti. E non cambia certo la situazione qualche
invito a singoli personaggi della cultura provenienti da ogni angolo della terra
e impegnati nella lotta per la giustizia sociale. Al massimo serve per creare
qualche diversivo.
In Expo a fianco della passerella
delle multinazionali si dispiega la passerella del cibo di “eccellenza”. Expo
parla solo alle fasce di popolazione ricca dell'occidente e questo ne fa
oggettivamente la vetrina dell'ingiustizia alimentare del mondo, nella quale la
povertà si misurerà nel cibo: in quello spazzatura per le grandi masse e in
quello delle eccedenze e degli scarti per i poveri.
In questi mesi, di fronte a tutto
quello che è accaduto nella nostra città, dall’illegalità allo sperpero di
ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città dove la
povertà cresce quotidianamente e che avrebbe urgenza di ben altri interventi,
noi abbiamo maturato un giudizio negativo su Expo.
Ma come cittadini milanesi non
posiamo fuggire la responsabilità di impegnarci affinché l’obiettivo di “Nutrire
il pianeta” possa essere meno lontano.
Per questo avanziamo a lei e alle
autorità politiche ed amministrative che stanno organizzando Expo alcune precise
richieste. Il Protocollo mondiale sulla nutrizione che lei intende lanciare,
pur dicendo anche alcune cose condivisibili, evitando i nodi di fondo, rimane
tutto all’interno dei meccanismi iniqui che hanno generato l’attuale situazione
. Noi le chiediamo di porre al centro la sovranità alimentare e il diritto alla
terra negati dallo strapotere e dal controllo delle multinazionali in
particolare quelle dei semi. Chiediamo che sia affermata una netta contrarietà
agli OGM che sono il paradigma di questa espropriazione della sovranità dei
contadini e dei cittadini, il perno di un modello globalizzato di agricoltura e
di produzione di cibo che inquina con i diserbanti, consuma energia da petrolio,
è idrovoro e contribuisce al 50% del riscaldamento
climatico.
Le chiediamo che venga affermato
il diritto all'acqua potabile per tutti attraverso l’approvazione di un
Protocollo Mondiale dell’acqua, con il quale si concretizzi il diritto umano
all’acqua e ai servizi igienico sanitari sancito dalla risoluzione dell’ONU del
2011.
Chiediamo che vengano rimessi in
discussione gli accordi di Partnership tra Expo e le grandi multinazionali, che,
lungi dal rappresentare una soluzione, costituiscono una delle ragioni che
impediscono la piena realizzazione del diritto al cibo e
all’acqua.
Chiediamo che si decida fin d'ora
il destino delle aree di Expo non lasciandole unicamente in mano alla
speculazione e agli appetiti della criminalità organizzata e che, su quei
terreni, venga indicata una sede per un’istituzione internazionale finalizzata a
tutelare l’acqua, potrebbe essere l’Authority mondiale per l’acqua, e il cibo
come beni comuni a disposizione di tutta l’umanità. Una sede dove i
movimenti
sociali come i Sem Terra, Via Campesina, le reti mondiali
dell’acqua, le organizzazioni popolari e i governi locali e nazionali
discutano: la politica per la vita.
Una sede nella quale
la Food
Policy diventi anche Water Policy, dove si discuta la
costituzione di una rete di città che assumano una Carta dell’acqua e del Cibo,
nella quale si inizi a concretizzare localmente la sovranità alimentare, il
diritto all’acqua, la sua natura pubblica, la non chiusura dei rubinetti a chi
non è in grado di pagare, la costituzione di un fondo per la cooperazione
internazionale verso coloro che non hanno accesso all’acqua potabile nel
mondo.
Una sede nella quale alle
istituzioni e ai movimenti sociali, venga
restituita la sovranità sulle scelte essenziali che riguardano il futuro
dell’umanità.
"La Terra ha abbastanza per i
bisogni di tutti, ma non per l'avidità di alcune persone” affermava Gandhi. E
questa verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra
responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge.
Moni Ovadia, Vittorio Agnoletto,
Mario
Agostinelli, Piero Basso, Franco Calamida, Massimo Gatti,
Antonio
Lareno, Antonio Lupo, Emilio Molinari, SilvanoPiccardi,
Paolo Pinardi, Basilio Rizzo, Erica Rodari, Anita Sonego, Guglielmo
Spettante.
Milano21 gennaio
2015.
Le adesioni alla lettera aperta,
sia individuali che collettive, vanno comunicate ad uno dei seguenti indirizzi
mail:
Vittorio
Agnoletto
vagnoletto@primapersone.org
Franco
Calamida
f.calamida@alice.it
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